La patata contro il coronavirus
La patata contro il coronavirus

La patata contro il coronavirus

Il magazzino era pieno di ottime patate invendute. I due giovani Federico si sono affidati a Facebook e in pochi giorni hanno venduto 9 quintali di patate.

“Paysage a manger” è un’azienda agricola della Valle d’Aosta, creata dalla passione di due giovani Federico per gli antichi cultivar di patate, legati alla storia e all’antropizzazione delle Alpi. Lassù, nella loro Valle del Lys, il Coronavirus non ha praticamente colpito, fatta eccezione per un caso positivo a Gressoney. Ma l’economia, legata mani a piedi al turismo, quella sì, è stata duramente colpita. Fortunatamente per “Paysage a Manger” marzo è quasi fine stagione, e i due Federico, spaventati come tutti noi, avrebbero potuto tirare i remi in barca e aspettare il passaggio della tempesta, tanto la produzione l’avevano quasi interamente piazzata, e avrebbero perso poco più di un mese di lavoro. Eppure no, non ci sono stati a tirarsi indietro, e hanno deciso di organizzare il ritiro delle loro patate vendute ai clienti della ristorazione costretti alla chiusura, restituendo indietro i soldi, perché quando la “sfiga” colpisce la comunità bisogna che tutti facciano la propria parte. Poi guardando il magazzino, nuovamente pieno di patate, ottime ma di “seconda scelta”, hanno pensato di affidarsi a Facebook: «Abbiamo fatto una campagna, senza vittimismo, dicendo semplicemente che avevamo del prodotto invenduto – spiegano –. Ed è andata meglio delle più rosee aspettative. Il post è uscito sabato pomeriggio, senza alcuna sponsorizzazione, e abbiamo passato la sera e la domenica successiva al telefono per organizzare spedizioni in mezza Italia». 8000 persone contattate, 9 quintali di patate venduti in tre giorni, con spedizioni in Lombardia, Emilia Romagna, Liguria e cassette di patate arrivate fino a Roma e Terni. Oltre ad aver risolto un problema economico, di non poco conto, i Federico si sono resi conto del seguito che la loro azienda ha in termini di clienti. Con uno zoccolo duro costituito per quasi il 25% da persone pronte a sostenere il loro progetto agricolo, innamorate di un’agricoltura di qualità, capace di recuperare il territorio della valle in modo sostenibile.
Operazione riuscita, la stagione è salva. Ma come spesso accade da un’esperienza negativa come quella del Coronavirus, i due Federico hanno riflettuto e maturato una riflessione importante: «Noi come molte delle aziende agricole di montagna che realizzano prodotti di qualità siamo “drogati” di turismo. Se l’emergenza fosse scoppiata a luglio o agosto, saremmo sicuramente falliti. Eppure siamo parte della comunità, ed è con questa che in futuro dobbiamo impegnarci a lavorare, dobbiamo vendere i nostri prodotti anche a che abita il nostro territorio. Dopodiché il turismo ben venga, è un ottimo mercato, ma dobbiamo partire dal territorio. Altrimenti ne manca un pezzo».
Per questo motivo, insieme a una decina di aziende sulla stessa linea d’onda, hanno realizzato una rete di impresa per fare massa critica in Valle del Lys e nell’intera Valle d’Aosta. Nessuno sa se passata l’emergenza Coronavirus saremo migliori o peggiori, ma sicuramente la sventura ha aiutato la Valle del Lys a maturare un’importante riflessione.
Maurizio Dematteis